Accabadora di Michela Murgia

Accabadora

Michela Murgia
Premio Campiello 2010.  
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai,  è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure, c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre. 

Introduzione

«Acabar», in spagnolo, significa finire. E in sardo «accabadora» è colei che finisce. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un’assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. È lei l’ultima madre. 

“-…Anche io avevo la mia parte da fare, e l’ho fatta… – 
– E quale parte era? – 
– L’ultima. Io sono stata l’ultima madre che alcuni hanno visto. -” 

Il mio piccolo pensiero

Non ho mai letto nulla di Michela Murgia e in occasione per il gruppo di lettura “Gli amici di Baskerville” della Biblioteca di Gorgonzola, si è deciso di leggere uno dei suoi libri ovvero “Accabadora”.  
L’ho iniziato con basse aspettative, non pensavo potesse essere il mio genere, ma con gran stupore mi ha completamente conquistato, l’ho trovato inquietante e affascinante allo stesso tempo. 

I temi che questo romanzo va ad affrontare sono temi che tutt’oggi nella nostra società si sentono abbastanza che sono: l’abbandono, la maternità, il tradimento, ma soprattutto l’eutanasia. 

La storia di Tzia Bonaria e Maria, anima e fill’e anima, viene raccontata con un linguaggio a tratti poetico, con una scrittura, che ho trovato, scorrevole e leggera l’autrice è riuscita ad imprimere con gran forza una tematica di tale portata, l’insegnamento dell’accoglienza sia della vita che della morte. 

La Murgia tramite questo libro non dà l’impressione di dare una propria è vera opinione, dice tutto è niente. I personaggi stessi non danno giudizi, a parte un solo commento da parte di Maria, ma tramite quel commento lei stessa impara gli insegnamenti umili di Bonaria. 

L’unico accorgimento sono gli ultimi capitoli, mi ha dato l’impressione che ci sia stata la fretta di finirlo. Avrei apprezzato maggior descrizioni in particolare di un evento. 

Nel suo complesso un libro intenso, magnetico, toccante e violento che si legge d’un fiato, una lettura adatta anche ai ragazzi, assolutamente da leggere. 

Citazioni

“Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo” 

Voto

4/5

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